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SPAZIO ACSI PALERMOFOTO

By  Domenico Veneziano | Giuseppe Sinatra | Salvo Veneziano

DOMENICO VENEZIANO | SOTTOPELLE E’ una ricerca del se formale attraverso i segni ed i difetti della carta, della pelle. Le pose, il contro tempo, le ossidazioni, sono la soluzione che rende più semplice e più evidente il senso aritmico della vita. Ogni immagine è l’attimo prima o quello seguente all’immagine accettata GIUSEPPE SINATRA | COLLEZIONELa corporeità di un’immagine impressa sopra un supporto fisico, tattile, visibile, pigmentato, oleoso, argenteo, chimico, ottico proviene dal dominio del nostro cervello che a partire dagli occhi interpreta quello che il sole scopre. Il sole naturale o “un sole artificiale” scopre, o meglio, fa scoprire quello che ci sta attorno e a cui solo dopo possiamo dare un nome, una storia e che possiamo rappresentare nella memoria del sogno, nella nostra mente e anche in altri materiali più corporei, tattili. Ma rappresentare è anche re-inventare, re-interpretare: il cervello interpreta le lunghezze d’onda della luce infiltrata dentro gli occhi e re-interpreta quella luce in un sua assenza. Tutta la storia dell’Arte ha avuto bisogno della luce, o meglio, tutti gli oggetti artistici per esistere ed essere esposti hanno avuto bisogno della luce. L’esposizione alla luce è alla base del concetto stesso di fotografia. Esporre infatti significa anche fotografare: per fotografare si deve esporre, per realizzare una immagine fotografica ci si deve rendere permeabili alla visione del reale, ci si deve esporre, prima come osservatori e poi come interpreti, grandi e o piccoli comunicatori. La fotografia mantiene aperti gli istanti che la spinta del tempo richiude subito. Ma tutto ciò che si rende visibile è manifesto e diventa fuori dal tempo e la visione contiene tutto ciò viene dall’occhio e s’indirizza all’occhio, occhio come finestra dell’anima. L’occhio compie il prodigio di aprire all’anima ciò che non è anima. Occhio che contiene, occhio contenitore. Ecco qui molti segni che le mie sperimentazioni hanno lasciato. Tutto ciò che è fotografia, segnodiluce, in un percorso di sintassi fotografica, ha inizio dal principio chimico e ottico: una foglio fotosensibile che lascia formare un’immagine se penetrata dalla luce e da diluizioni chimiche che ne sintetizzano il processo. Un percorso che ha inizio nel 2004 con i miei primi allievi desiderosi di imparare la foto/grafia, e che non ha avrà fine, finché c’è luce. Questo percorso contiene dunque una serie indefinita di immagini/impronte che si seguono, si inseguono all’insaputa l’una dell’altra. Non essendoci criterio d’ordine, espongo me stesso mettendomi libero da ogni impietoso giudizio.   SALVO VENEZIANO | BLUNUDESBlue Nudes è l’evoluzione di una ricerca fotografica in bianco e nero sul nudo femminile cominciata nel 1998. In fase di ripresa, i corpi delle modelle sono stati pennellati nel buio usando la luce di una torcia. Le lastre che compongono questa serie sono delle stampe “imperfette” realizzate con la tecnica della Cianotipia su vetro. Le loro “deliberate” imperfezioni tendono a confondere le pennellate di luce con le pennellate dell’emulsione stesa manualmente sul vetro. Ciascuna delle lastre di Blue Nudes diventa così un oggetto unico, un’immagine con segni e caratteristiche peculiari impossibili da riprodurre nella realizzazione di un’altra copia.

Sede: PALAZZO SACCHI


VALDICHIANA: UN MOSAICO DI COLORI, UNO SCRIGNO DI RICORDI

By  Paolo Menchetti

Se esiste al mondo un luogo in cui mi sento vivo e pieno di energia, quello è la mia amata terra natia, la Valdichiana, una valle tra la Toscana e l’Umbria. Sono nato a Brolio, un minuscolo paesello nel comune di Castiglion Fiorentino, un pugno di case coloniche sparse tra basse colline e piccoli torrenti.La Valdichiana è ai miei occhi un mosaico di colori e uno scrigno di ricordi: le tinte dei poderi coltivati, i casolari abbandonati tra campi di grano, i girasoli che si stagliano sul cielo azzurro, le messi dorate, i viali alberati che al tramonto si tingono di arancione e il calar del sole su cui si delineano le sagome scure delle fattorie.Non esiste luogo sulla Terra che evochi in me ricordi e sensazioni più forti di questo.Non esiste altro luogo in cui mi sia mai sentito veramente a casa come qui.

Sede: Parcheggio Mecenate


SOLO MATTI

By  Christian Deledda | Samuele Laurenzi

Un tetro labirinto di corridoi e stanze dalle pareti scrostate, ormai preda della polvere e della consunzione del tempo, racchiude a Volterra una delle pagine più oscure della storia d’Italia. È l’ex Ospedale Psichiatrico, una delle tante strutture che, fino alla Legge Basaglia del 1978, costellavano il Paese per occultare una categoria di persone verso cui la società nutriva repulsione e, al tempo stesso, timore: i “matti”.In un’epoca in cui una malattia mentale era considerata una macchia indelebile per la persona che ne soffriva e un motivo di vergogna per la relativa famiglia, esseri umani di ogni età e sesso finivano per scontare in questi luoghi un ergastolo per un reato mai commesso.Tra sporcizia, bagni d’acqua gelida, percosse, malattie volutamente trasmesse ed elettroshock, si consumavano orrendi drammi ai danni di individui confinati in un inferno che durava pressoché per tutta la loro vita. Abbandonati da famiglie che spesso volevano dimenticarsi di loro, ripudiati da un mondo che li considerava figli di nessuno, i pazienti degli ospedali psichiatrici affidavano il proprio dolore a lettere puntualmente mai inviate dal personale sanitario. Nel Novecento, un secolo in cui l’umanità si indignò giustamente per tragedie come i conflitti mondiali e i genocidi, l’Italia dovette attendere la fine degli anni Settanta per accorgersi di un’altra tragedia che si consumava pressoché in tutto il proprio territorio. Ancora oggi, gli ex manicomi, pur corrosi dal degrado e dai vandali, restano lì, nella loro severa mole, a rammentare come per secoli migliaia di innocenti siano stati sepolti vivi dalla società dei cosiddetti “sani”. E ciò perché considerati non persone, ma “solo matti”.

Sede: Palazzo Gozzari